mercoledì 25 giugno 2014

Reddito di Cittadinanza e Reddito Minimo Garantito

Se ne parla molto nell'ambito dell'Eurozona nel tentativo di allineare il nostro paese agli standard di altri stati europei ed extraeuropei. Parlo di reddito di cittadinanza sempre più frequentemente confuso con il reddito minimo garantito: le due espressioni vengono ormai disinvoltamente impiegate, lasciando sottintendere un significato pressochè equivalente, quando, in verità, la distinzione cela rilevanti risvolti pratici non soltanto sul piano economico, ma anche sull'assetto sociale che s'aspira raggiungere.

Il reddito minimo garantito è  un vero e proprio ammortizzatore sociale erogato (in forma monetaria o attraverso beni o servizi primari) a persone che, in età lavorativa, si trovano nell'indisponibilità di un lavoro capace di assicurargli un reddito dignitoso, poichè inferiore alla cosiddetta soglia minima di povertà.

La sua commisurazione tiene conto di una serie di parametri subordinati all'accertamento dello stato di bisogno individuale e/o familiare dell'avente diritto e della sua fattiva ricerca di un lavoro.

Si tratta di un sistema di welfare complementare che muove dalla precarietà dilagante, assurta a normale forma della nuova organizzazione del lavoro imposta dal sistema capitalistico moderno, destinata ai percettori di redditi di povertà (salari minimi, precari in condizioni di non lavoro) per "puntellarne" le condizioni di vita assolutamente insufficienti ad assicurare loro un tenore di vita dignitoso.

Il reddito di cittadinanza è invece un reddito monetario incondizionato erogato per effetto della mera appartenenza ad una collettività. E' legato ad uno status (membership), in forza del quale l'individuo diventa sic et sempliciter destinatario di una somma di danaro, corrisposta periodicamente, cumulabile con altre entrate, e che prescinde

  1. da ogni controllo sull'effettivo bisogno e quindi da ogni accertamento sulle sue condizioni economiche e/o familiari,
  2. da ogni esigenza di contropartite. 
Va da sè, sotto questo profilo, che il rifiuto ad un'offerta di lavoro non faccia decadere dal predetto beneficio. 

Ferma restando la possibilità di apportare correttivi a questo secondo profilo, è evidente che mentre il reddito di cittadinanza è un'erogazione monetaria valida per tutti i cittadini, indipendentemente da ogni accertamento sul reddito, patrimonio e occupazione, il reddito minimo garantito rappresenta un sussidio, uno strumento di contrasto alla povertà per chi ha un lavoro, che è incapace di procurargli un reddito adeguato.

Walt Disney, con uno dei suoi intramontabili fumetti, ebbe modo di occuparsi del reddito di cittadinanza, smascherandone attraverso la geniale ironia, il maldestro tentativo di sottrarsi dalle "pene lavorative". 

Del tema se ne occupò anche F. Von Hayeck col dichiarato (e diverso) intento di ".. fornire agli indigenti e agli affamati una qualche forma di aiuto" che, si badi bene, fosse strumentale al ceto possidente, utile cioè a "disinnescare" quegli atti di disperazione pregiudizievoli agli interessi economici delle classi superiori.

La domanda che a questo punto sorge spontanea è: il reddito di cittadinanza è compatibile con gli impegni dello Stato italiano ?

Qualunque sia il punto di osservazione la risposta non può che essere negativa:  il reddito di cittadinanza implica la resa, da parte di qualsiasi istituzione, ad impiegare tutti gli strumenti di politica economica di sostegno - diretto ed indiretto - al pieno impiego, nonchè un espediente utile a evitare il collasso della domanda interna, disciplinando la società a livelli di reddito più bassi.

Dal punto di vista giuridico e costituzionale, il reddito di cittadinanza non trova neppure riscontro nella Carta fondamentale: la Repubblica italiana è fondata sul lavoro (art. 4) ed è compito dello Stato rimuovere ogni ostacolo economico-sociale che si frappone al pieno sviluppo della persona umana, garantendo l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese  (art. 3 comma 2).

Basterebbe già questo ad accantonare l'assurdità di una proposta economicamente insostenibile, acceleratrice di deflazioni salariali.

Il reddito minimo garantito dev'essere tenuto distinto dall'ASPI (Assicurazione Sociale per l'Impiego, sancita dalla riforma del lavoro, come indennità riconosciuta ai lavoratori subordinati che hanno perduto involontariamente l'occupazione - dopo l'inizio del 2013 riconosciuta a coloro che abbiano maturato 2 anni di lavoro e versato almeno 1 anno di contributi - e corrispondente alla vecchia indennità di disoccupazione, spettante ai lavoratori dipendenti espulsi o indebitamente usciti dal processo di lavoro), poichè il reddito minimo garantito viene erogato in presenza di un lavoro e, quindi, a conclusione dell'ASPI e trova maggiori similitudini con l'istituto della Cassa Integrazione Guadagni, ove l'integrazione salariale, da parte dell'INPS o del Ministero del Lavoro, è dovuta alla temporanea sospensione delle attività produttive, causate da crisi economiche, ristrutturazioni o riconversioni aziendali, per effetto delle quali il lavoratore è
  1. sospeso dalle mansioni lavorative, ovvero
  2. impegnato ad orario ridotto.
Va da sè, quindi, che il tema richieda un'attenta e meditata riflessione: dire, come spesso capita di sentire e/o leggere, che l'Italia ignori l'abc dello stato sociale, sia culturalmente arretrata rispetto ad altre Nazioni solo perchè non è dotata di strumenti come il reddito di cittadinanza o di reddito minimo garantito è una grossolana approssimazione.

In altre Nazioni ci sono delle forme aggiuntive come il sussidio di avviamento all'indipendenza, di circa 1000 Euro mensili, concessi a diciottenni che desiderano emanciparsi dalla famiglia d'origine, ma naturalmente non se ne parla.

Se vogliamo dare risposte concrete per arginare il crescente fenomeno delle famiglie che restano senza un reddito, o degli operai che si danno fuoco, non sarà certo scopiazzando formule assistenzialistiche collaudate in altri Paesi, ma restituendo al lavoro quel valore di dignità che oggi è negato per insipiente volontà politica

3 commenti:

  1. A parte il fatto che stando come stanno le cose parlare di una qualsiasi forma di aiuto economico ai cittadini è pura utopia, dal momento che il preciso intento e volontà del governo non è quella di dare ma di prelevare dai cittadini. Fatta questa indispensabile premessa devo dire che al di là delle parole una nazione civile dovrebbe garantire a tutti i cittadini non tanto un reddito minimo ma l'accesso gratuito a quei servizi che sono vitali e cioè all'acqua, luce e gas con una fascia di consumo di base gratuita oltre la quale le tariffe potranno aumentare in maniera geometrica, in maniera tale che i ricchi che certo non staranno a misurare i loro consumi paghino anche per chi ha bisogno. Lo stesso dicasi per un altro bene fondamentale, la casa, attraverso un sistema di finanziamenti a tasso zero e con tempistiche di rientro molto lunghe che permettano a chiunque di potersela pagare. Uno stato civile dovrebbe garantire un reddito minimo a tutti i cittadini sani attraverso investimenti che diano a ogni cittadino la reale possibilità di guadagnarsi da vivere,. La dove una persona abile al lavoro perde l'impiego gli dovrebbe essere garantita, a precise condizioni ed impegni, la possibilità di avere un reddito minimo garantito dignitoso. Dovrebbe essere inoltre garantito un reddito minimo dignitoso a tutti coloro che per motivi di salute e di età non possono lavorare. Se si adottano questi semplici sistemi si eliminano tutta una serie di costi quali le pensioni di vecchiaia e invalidità, la cassa integrazione e altre forme di sussistenza che oggi si adottano e che spesso si rivelano solo sprechi di denaro pubblico che si traduce in finanziamenti illeciti a partiti o a altri gruppi di persone che come unico scopo hanno quello di mantenere il loro status quo.

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    1. Comprendo il suo punto di vista, ma fino a quando non usciremo dalla logica che i ricchi debbano pagare "per chi ha bisogno" non troveremo una via d'uscita, nè una soluzione atta a garantire quella coesione sociale che in Italia è ancora lontana a venire.

      Non sono i ricchi a dover sostenere gli "altri" cittadini, ma lo Stato ad innalzare il tenore di vita dei suoi consociati non già attraverso soluzioni di welfare (applicabili residualmente ai lavoratori c.d. in transito, in attesa di una nuova occupazione), ma l'adozione di politiche economiche finalizzate alla realizzazione del lavoro che rappresenta il valore costitutivo della nostra Repubblica.

      E' compito dello Stato - non dei ceti ricchi - rimuovere quegli ostacoli economico-sociali che oggi incontrano le classi più disagiate e che si frappongono alla piena realizzazione delle persone: finchè lo Stato non onorerà quel "contratto sociale", saranno inevitabili le tensioni e le conflittualità sociali che oggi viviamo.

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  2. La confusione fra reddito minimo e di cittadinanza deriva probabilmente dal M5S che ha abbozzato una proposta in cui il reddito di cittadinanza è subordinato a lavori socialmente utili nel comune o per associazioni no profit rendendolo di fatto un lavoro.

    Faccio notare che in Italia il primo ostacolo all'occupazione è proprio lo stato (tassazione altissima) seguito dal suo grande alleato (la mafia):
    un reddito di cittadinanza segherebbe le gambe all'alleanza preelettorale fra stato e mafia che si concretizza nella compravendita di voti nelle classi povere inoltre segnerebbe la fine di tutti i lavori sottopagati rendendo inutili eventuali redditi minimi.

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