mercoledì 14 gennaio 2015

Di Maio i risparmi italiani non possono rimanere in Euro in caso di Euro-exit

Caro Luigi Di Maio,

Ho ascoltato in streaming il tuo intervento in una trasmissione televisiva di alcuni giorni fa in cui hai dichiarato (a partire dal 26:01") "abbiamo spiegato tutte le variabili che ci possono essere con l'uscita dall'euro il ritorno alla nostra moneta e sotto questo punto di vista  i risparmi italiani possono benissimo rimanere in euro".

E' sbagliato e la ragione è molto semplice.

A tutti i rapporti di credito e debito si applica la lex monetae,  il diritto di uno Stato a scegliere la propria moneta quale strumento per la regolamentazione di tutti i rapporti economici interni che ricadono sotto la sua sovranità.

Questo significa che tutti i contratti nazionali vengono ridenominati nella nuova valuta.

Se i risparmi italiani (che lo ricordo sono debiti/passività per una banca) restassero denominati in euro, il sistema creditizio, già profondamente segnato dalle insolvenze prodotte dalla crisi, sarebbe inesorabilmente condannato al crack finanziario: la rivalutazione dell'euro rispetto alla nuova moneta (stimabile al 20%), produrrebbe un apprezzamento di pari valore del loro portafogli debiti; di conseguenza, le banche si troverebbero nell'impossibilità di rimborsare i loro risparmiatori/creditori in euro che si troverebbero in possesso di una moneta rivalutata.

Lo stesso meccanismo investirebbe, a cascata, tutti i titoli pubblici e privati (azionari, obbligazionari) con perdite significative a carico, rispettivamente, dello Stato, e delle imprese emittenti.

La conseguenza è che con la bancarotta del sistema, i risparmiatori in euro non otterrebbero più indietro i loro quattrini.

Anche ipotizzando una rimborsabilità limitata ai soli depositi inferiori ai 100 mila euro attraverso il fondo interbancario di tutela dei depositi (pari a complessivi 736 mld. di €), si metterebbe alle corde il nostro sistema bancario, non potendo più garantire quei depositi (392 mld. di €) che eccedendo il suddetto limite di garanzia sono coperti fino al massimo di tale soglia.

Se si esce dall'euro, caro di Maio, si esce tout-court convertendo TUTTI I CREDITI E I DEBITI.

Questo significa che tutti i debiti dei cittadini verso le banche (prestiti, mutui e finanziamenti), sia i debiti delle banche verso i loro clienti (quindi i depositi bancari).

I crediti dei risparmiatori dovranno essere riscossi obbligatoriamente nelle nuove lire, esattamente come i debiti dei clienti di una banca dovranno essere liquidati nelle nuove lire.

Se, per assurdo, un qualsiasi sgangherato governo "regalasse" alle banche "il diritto" di pretendere il rimborso dei mutui ancora in euro, le banche si troverebbero - presto - nell'impossibilità di riscuotere alcunchè.

Infatti, sarebbero i clienti costretti alla bancarotta perchè a seguito della rivalutazione dei portafogli crediti bancari (prestiti, mutui e finanziamenti costituiscono impieghi/attività per le banche), i mutuatari si troverebbero nell'impossibilità di rimborsare i loro debiti. Di qui altre pesanti sofferenze bancarie.

E' evidente che questo genere, ahimè sciagurato, di conversioni "parziali" finirebbe per incentivare e non certo impedire fenomeni di corse agli sportelli per il ritiro dei propri risparmi.


2 commenti:

  1. http://memmt.info/site/mosler-bravo-di-maio-se-torniamo-alla-lira-possiamo-tenere-i-risparmi-in-euro/

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  2. Igor, ti ringrazio ma il contributo da te segnalato mi rinnova le obiezioni sopra esposte.

    Nel momento in cui Mosler lascia immutata la denominazione in euro dei rapporti di credito vantati dalla banca, nel tentativo di immunizzarla da rischi valutari, va da sé che scarichi sui clienti (che hanno acceso prestiti, mutui e finanziamenti) tutte le tensioni di cambio che inevitabilmente colpiranno il nuovo conio nazionale, essendo nota l'artificiale sopravvalutazione dell'euro-italiano rispetto agli indicatori macro-economici del nostro Paese.

    Mosler sembra avvedersene, tanto da incoraggiare (senza descrivere come) il governo alla conversione dei depositi e prestiti in lire al tasso di cambio vigente sul mercato.

    Mosler dichiara inoltre che il mutuatario debba“... essere incoraggiato a convertire i debiti in euro con debiti in lire (al tasso di cambio corrente)”.

    Ma, in casi del genere, non c'è bisogno di alcun incentivo: è assolutamente spontaneo al mutuatario chiedere l'immediata conversione nel nuovo conio perché, diversamente, sarebbe costretto a rimborsare in valuta straniera tremendamente più cara.

    Il problema, semmai, si sposterebbe sulla banca, che non avendo alcuna convenienza ad accettare la ridenominazione del mutuo erogato (lo ricordo che il mutuo è un'attività per l'istituto) in una nuova moneta deprezzata dalla svalutazione, rifiuterebbe all'istante.

    A questo punto, sarebbero inevitabili i contenziosi legali che certo, si potrebbero prevenire attraverso una norma di legge che obbliga le banche ad accettare il nuovo conio, ma – a questo punto -l'equilibrio di bilancio delle banche, cercato da Mosler, andrebbe a farsi benedire...

    Come vedi, il ragionamento di Mosler lascia irrisolti quei problemi che ho esposto nel post.

    Una chiosa a margine di questo commento.

    Mosler propone finanche la non conversione in euro dei BTP e CCT in caso d'uscita dall'eurozona.

    Sarebbe un grave errore perchè si costringerebbe lo Stato a rimborsare l'emissione del suo debito in una valuta estera, che non è in grado di controllare. L'impossibilità di far fronte al pagamento di quei titoli aprirebbero seri dubbi di solvibilità che scatenerebbero i mercati finanziari con l'immediata vendita dei nostri tds.

    Il ragionamento di Mosler dunque sottovaluta, nell'immediato break-up, gli effetti negativi di una simultanea circolazione monetaria che colpirebbero gli investimenti ed assets finanziari attraverso i movimenti di “rivalutazione e svalutazione”, a cui tenta di porre – inutilmente – rimedio con l’esazione di tasse in lire e con l’erogazione degli stipendi nella nuova moneta, fenomeni questi che – giova ricordare – sono del tutto indifferenti a quel 40% di detentori esteri di tds, esenti da trattamenti fiscali se residenti in Paesi di whitelist.

    Mi pare dunque una posizione assurda e davvero inconciliabile

    1. sia con l'impostazione teorica della Modern Monetary Theory, che ha sempre propugnato l'esigenza di ripristino della sovranità monetaria per ricondurre il debito pubblico a livelli di controllo (oggi sconosciuti) e di non ricattabilità dai mercati finanziari;

    2. sia con l'esigenza - da lui stesso avvertita una volta usciti dall'euro - di trasformare il debito pubblico, giunto a scadenza, con i Tax Backed Bond utilizzabili per pagare imposte, tasse e qualsiasi obbligazione finanziaria nei confronti dello Stato emittente.

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