sabato 3 gennaio 2015

Gli Investimenti Diretti Esteri secondo Il manuale Galli

Nei giorni scorsi, sulla timeline Twitter di Claudio Borghi, è emersa un'interessante conversazione sugli Investimenti Diretti Esteri (IDE): il link è questo .

Cosa sono esattamente gli investimenti diretti esteri in entrata ? Sono flussi di capitali provenienti da soggetti non residenti che puntano al controllo aziendale e/o alla gestione di attività produttive locali. Si distinguono dagli investimenti di portafoglio, che vengono invece fatti per esigenze di mera remunerazione della propria liquidità.

Non sono operazioni filantropiche, naturalmente: se l'imprenditore estero decide di investire i suoi capitali per rilevare un'azienda e/o assumerne il controllo lo fa perchè si ripromette di ricavarne profitti.

Tecnicamente, gli investimenti diretti esteri sono passività, debiti che saranno remunerati sotto forma di profitti, che usciranno dal Paese per entrare nelle tasche estere. Non si tratta di una mia fantasia: il capitolo sesto del manuale della bilancia dei pagamenti del FMI è esplicito in questo senso.

Un afflusso di capitali esteri è dunque un debito che, si badi, non rappresenta per forza un male.

Rappresentano, senz'altro, un volano di crescita nei Paesi economicamente arretrati: avere investimenti esteri significa beneficiare di tecnologie avanzate, con ricadute positive a livello occupazionale perchè si specializzano le maestranze locali che potranno, successivamente, mettersi in proprio.

Tuttavia, quando un Paese gode di competenze tecnologiche non trascurabili e di un significativo posizionamento sul mercato, con esposizioni debitorie già considerevoli, avere nuovi investimenti esteri significa 

1) cedere marchi e tecnologie già consolidate
2) appesantire - inutilmente - la posizione debitoria a tassi d'interesse piuttosto onerosi.

Qui accanto trovate un piccolo collage dello shopping operato dagli investitori esteri di aziende italiane.
Quindi, in una fase recessiva, gli IDE non sono certo una priorità e, anzi, vanno stipulati con accortezza.
Il rischio è quello di trovarsi con una montagna di debito estero, invogliato ad investire in Italia solo perchè si è praticato dumping sociale (smantellamento dei diritti sociali e contenimento dei salari).

Queste banali considerazioni trovano puntuale riscontro nel dibattito maturato attorno all'art. 18, che non  rientra nell'orizzonte o nei pensieri dei nostri imprenditori (consiglio questo articolo), ma che - ciò nondimeno - costituisce "priorità politica" dei nostri Governi, già a partire dal Governo Monti: ricordo che la Fornero ebbe occasione di manifestare la necessità di rilanciare gli investimenti esteri, la cui carenza fu motivata dalla pretesa rigidità in uscita (in parole povere: difficoltà a licenziare).

Una menzogna a guardare i dati OECD che documentano (nella fig.4 riprodotta qui accanto) la caduta delle protezioni dei lavoratori a tempo indeterminato in Italia, rispetto a Francia e Germania, iniziata a partire dalla seconda metà degli anni Novanta, e la scarsa protezione - comparata a livello europeo - degli occupati in Italia GIA' NEL 2008 (dati OCSE).


L'indice di protezione contro i licenziamenti dei lavoratori permanenti elaborato dall'OCSE è da tempo inferiore a quello dei nostri partner europei.

Ancora più evidente è la riduzione dell'indice EPL per i lavoratori a tempo determinato dove l'Italia detiene il record: ha abbattuto più di tutti le protezioni.

E' di tutta evidenza come, in conclusione, la gestione degli investimenti diretti in entrata ricada nell'alveo della politica industriale di cui l'Italia non solo è profondamente carente, ma sia dettata dall'Europa, per esigenze di "cassa" necessarie a rifinanziare il saldo delle partite correnti.

Inutile dire che su twitter sia estremamente complesso articolare questo ragionamento, ma almeno il piacere di ricordare al Sen. Galli la definzione IDE me la sono tolta. A voi lascio il piacere di "godervi" la conversazione fra Borghi e il deputato pd Galli, economista alla Banca d'Italia, dg di Confindustria (qui il suo curricula), in attesa (perchè no ?) di una nuova copia autografa del nuovo manuale sulla contabilità dello Stato ;).


1 commento:

  1. Alex.. stavo seguendo la discussione via Twitter, ma mi sembra inutile parlare con chi è convinto che 5 - 7 = 2

    Stefano

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