Al netto di ogni considerazione economica e giuridica, ora abbiamo la spudorata confessione: l'euro è uno strumento di povertà: i paesi che hanno perso la flessibilità del cambio con l'ingresso nell'Unione Monetaria hanno dovuto - giocoforza - compiere le svalutazioni interne (di retribuzioni e salari) per operare quegli aggiustamenti che avvenivanto attraverso i cambi.
A parlare è Mario Draghi, presidente BCE, durante un suo intervento-conferenza ad Helsinki: "Con la creazione dell'Unione Monetaria, gli Stati hanno perso solo una parte di quella flessibilità (assicurata dallo strumento del cambio mia nota) e dunque gli aggiustamenti devono avvenire per forza attraverso la svalutazione interna."
Perchè abbiamo bisogno degli aggiustamenti ? La risposta è con una nuova domanda: sarebbe immaginabile avere un'unione monetaria basata su creditori e debitori permanenti ?
Al momento attuale esistono unioni del genere: gli Stati Uniti per esempio, dove c'è uno stato l'Oklahoma, in permanente condizione debitoria ed lo stato di New York che invece è permanentemente in condizione creditoria.
Al livello in cui siamo di sviluppo politico, sarebbe realistico pensare che possa esistere, nel nostro caso, un unione simile ? La politica e l'integrazione economica qui sono strettamente connesse e quindi, a questo punto, non sarebbe realistico.
Così i paesi che sono stati debitori, dovranno gradualmente operare degli aggiustamenti.
L'azione politica all'interno di un'unione monetaria è molto diversa da quella che si potrebbe fare se i paesi fossero all'esterno di un'unione monetaria.
Negli anni precedenti alla crisi si sono avuti enormi trasferimenti verso paesi che semplicemente vivevano sul credito sia nel settore privato che in quello pubblico e questi hanno permesso due cose: il debito e i prezzi sono saliti: sono diventati non competitivi ed hanno finanziato questa progressiva perdita di competitività attraverso questi flussi di credito.
Ad un certo punto tutto questo è cambiato, ad un certo punto questo credito ha smesso di fluire, così sono stati costretti a diventare competitivi e hanno dovuto portare indietro i loro prezzi che erano saliti senza alcuna relazione con la produttività ad un livello nel quale questi paesi sarebbero tornati ad essere competitivi.
Questo è il tipo di aggiustamento che abbiamo.
Qual è la lezione che delinerei da questa esperienza ?
Dobbiamo essere molto attenti, in una unione monetaria, a non permettere che gli stipendi e i prezzi superino una certa linea. Dovremmo essere molto attenti nel mantenere questi paesi competitivi, nell'unione monetaria stessa anzitutto, e dovremmo essere molto attenti ad evitare che questi livelli sfuggano di mano perchè allora saremo puniti - in un certo senso - non solo dai mercati ma anche dal congelamento dei flussi finanziari che è quello che è avvenuto nella crisi."
In tre minuti il professor Draghi descrive con chiarezza disarmante il danno inferto dai governanti ai loro cittadini nel rinunciare alla manovra del cambio.
Con semplicità unica espone (e lo vedremo nel prossimo post che sto completando) quello che la letteratura economica scientifica più accreditata ha sempre dichiarato in tempi non sospetti: se si rinuncia alla leva del cambio si dovranno svalutare retribuzioni e salari e distruggere la domanda interna. Ed è quello che è stato fatto dal Governo Monti (confessione alla CNN).
Ma non basta: la chiave interpretativa della crisi che offre Draghi risiede nei flussi di credito privato piovuti a pioggia dal Nord Europa verso i paesi meridionali oggi in crisi e presso i quali, per effetto di questi flussi, era maturata una crescita artificiale di prezzi che hanno reso inevitabilmente meno competitivi i prodotti di quei paesi ora indebitati.
Quando il flusso di capitali si è interrotto si è iniziata la macelleria sociale. Il riequilibro delle posizioni creditorie/debitorie e la ripresa della competitività è avvenuta attraverso l'applicazione di politiche fiscali che comprimevano i livelli di consumi esteri.
E se ci fosse ancora qualcuno a negare pure l'evidenza si faccia pure avanti: apro volentieri il dibattito.
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