"Dove
sbagliammo". La risposta è complessa e non facile da riassumere
in poche righe. Questa crisi ha radici lontane che partono da una vicenda dagli effetti catastrafoci per la nostra economia.
Il "divorzio"
Ministero del Tesoro/Banca d'Italia, con tutto rispetto, è stato
fatto coi piedi: dal punto di vista politico è stato sottratto al
controllo democratico perchè l'operazione non è stata sottoposta ad
alcun vaglio democratico del potere parlamentare;
sul lato tecnico,
l'operazione fu un'incompiuta poiché – nelle intenzioni di
Andreatta - doveva essere accompagnato
1) dalla creazione
di un consorzio interbancario per il collocamento del debito pubblico
e
2) dalla nuova
regolamentazione dello scoperto di c/c di tesoreria,
La mancata
attuazione di questi 2 punti ha dato luogo all'ormai nota
accelerazione dei rendimenti dei titoli di stato, che ha provocato lo
storno degli investimenti produttivi dall'economia reale a quella
finanziaria con gli effetti di una drastica riduzione
dell'occupazione.
In parole semplici:
la profumata remunerazione dei t.d.s. ha scoraggiato gli investimenti
produttivi dei ns. imprenditori, che hanno iniziato a scoprirsi
Finanzieri (non si perseguiva più il profitto, ma la rendita senza
fare alcunchè !) a sfavore dei livelli di occupazione, che iniziarono
progressivamente a deteriorarsi.
Non mi piace fare
processi alle intenzioni, ma ritengo di poter dire che questo
processo non sia stato casuale: Andreatta (pace all'anima sua)
aderiva ad un impostazione monetarista, in voga in quegli anni, per
effetto della quale
1) la scala mobile
impediva il controllo dell'inflazione (idea fasulla)
2) l' indipendenza
della Banca d'Italia avrebbe favorito il controllo della moneta
(falso) e, secondo i monetaristi, i prezzi e – quindi - si sarebbe
potuto avviare quel processo di disinflazione.
Ad Andreatta
riconosco l'onestà intellettuale d'aver ammesso che il divorzio sia
stato determinante nell'esplosione del debito pubblico causata dagli
alti tassi d'interesse, raddoppiati in un decennio (passando dal 6%
del 1981 al 12% del 1993 e ricordiamolo - a chi avesse la pazienza di
leggere queste note - che dal 1960 al 1980 il rendimento reale medio
dei nostri titoli era – 1%).
All'esplosione dei
tassi d'interesse che hanno sottratto risorse dall'economia reale, ha
fatto da contraltare il crollo del fabbisogno primario (cioè lo
Stato ha iniziato ad incassare in imposte e tasse più di quanto
spendesse per i suoi cittadini) passando dal +5 al -3%.
Perchè ? Avevamo
firmato Maastricht, vincolandoci alla logica del taglio delle spese e
dell'aumento della pressione tributaria per fronteggiare il crescente
peso degli interessi sul debito.
Il fenomeno tecnicamente è denominato di output-gap cioè di minore crescita dovuta ad una sottoutilizzazione dei fattori della produzione nazionale, dipendente da politiche fiscali restrittive in assenza di esigenze correttive del ciclo economico.
Ma le disgrazie, come è noto, non
vengono MAI sole.
All'abbandono della
scala mobile, alla catastrofica difesa del cambio della lira da parte
di un modestissimo governatore della banca d'Italia divenuto poi
Presidente della Repubblica, hanno fatto poi seguito ulteriori tappe:
1)l'abolizione del
vincolo di portafoglio (le banche cioè non erano obbligate
all'acquisto dei titoli di stato, in rapporto alla percentuale dei
depositi) e
2)l'abolizione del
massimale sugli impieghi (che rappresentavano una soglia di
sbarramento agli incrementi di affidamenti bancari, tali per cui le banche non potevano concedere più credito raggiunta una determinata soglia).
Tutti esempi di
erosioni progressive di sovranità e di mancata difesa dei nostri
interessi.
A dirla tutta in
quell'epoca chi ha tentato di mettere in discussione questa logica è
stato pesantemente intimidito. Voglio ricordare che il CESPE (valente
centro studi di Bankitalia) azzardò una ricerca con la
collaborazione di alcuni elementi della sinistra della DC - lontana
proprio ad Andreatta - e fu pesantemente minacciata da Ciampi che
telefonò a Berlinguer per stoppare questi tentativi.
Il resto come sapete è
storia recente. Era evitabile questo sfracello economico attuale ?
Sì, certo. Leggete la pag. 404 delle memorie di Guido Carli e ricordate la genesi dell'EZ, nata soprattutto per volontà della
Francia che soffriva la forte competitività della Germania.
Il patto
franco-tedesco avrebbe avuto senso soltanto se l'Italia avesse
partecipato all'accordo.
In quegli anni l'Italia rappresentava una seria
minaccia industriale per i 2 partner europei. La definitiva rinuncia
alla sovranità monetaria è avvenuta non soltanto attraverso il
piano di dismissioni (privatizzazioni selvagge) ma con l'accettazione
piena ed incondizionata dell'accordo raggiunto fra Kohl e Mitterand.
Illuminante, in questo senso, è la testimonianza di Paolo Baffi che, nella sua posizione d'integrazione dell'Italia nel contesto monetario europeo, sosteneva che il nostro ingresso sarebbe dovuto
avvenire con altre modalità, di certo non così affrettatamente come stavano facendo Germania, Francia e Olanda, ma con tempi adeguati che non ci obbligassero ad una prematura rinuncia della leva del cambio, restituendo ai mercati la possibilità di determinazione dei tassi obbligazionari - senza per questo ridurre un Paese alla rovina e, soprattutto, con l'idea che l'autonomia della Banca Centrale non si traducesse in un esautoramento della politica, dando tutto il potere alle grandi banche.
Gli euroscettici di
allora non riuscirono in alcun modo ad influire su quelle scelte per
la semplice ragione che (vuoi per un motivo vuoi per un altro) furono tolti di mezzo per varie ragioni: da Moro a Paolo Baffi a
Federico Caffè ecc.
Ecco dove sbagliammo e se siete riusciti a
leggere questo post chilometrico, giuro vi applaudo. :)
L'EURO è nato solamente per semplificare le transazioni fra le banche in Europa , era una valuta virtuale e funzionava benissimo - Poi Prodi ha voluto che fosse dato ai cittadini - senza una politica fiscale europea - snaturandone la natura
RispondiEliminaSe l'Euro fosse nato con lo scopo di semplificare le transazioni interbancarie europee, poteva restare come unità di conto degli scambi internazionali e invece no.
EliminaSe avrà modo di seguire lo sviluppo del blog, scoprirà come le ragioni storico-politiche dell'eurozona siano straordinariamente coincidenti con il grande progetto pangermanico, prorompente nella cultura tedesca.
Grazie per il suo commento.