Lo stesso Istituto conclude che "Tale risultato è la sintesi del contributo ancora negativo della domanda interna (al loro delle scorte) e dell'apporto favorevole della domanda estera netta".
Il grafico, qui a lato, documenta la divaricazione dell'andamento del fatturato industriale sempre più vocato al commercio estero e in profondo declino sul settore interno.
Cosa significa tutto questo ? Semplice: certifica, semmai ce ne fosse ancora bisogno, che la crisi che stiamo attraversando è una crisi da domanda interna. Il mercato nazionale non è dunque in grado di riprendersi fintanto che non si assume consapevolezza della natura di questa crisi.
I consumi sono al palo e la contrazione delle importazioni (-1,6%), che risente della carenza della domanda interna, è attribuibile "al calo degli acquisti dai mercati esterni all'Unione" .
Il mercato del lavoro non mostra neppure segnali d'inversione di tendenza rispetto a quanto osservato nei mesi scorsi: lo vedete nel grafico qui accanto dove i posti vacanti nei settori dell'industria e dei servizi sono rimasti stagnanti allo 0,5% e le previsioni sul prossimo trimestre restano altalenanti fra il comparto delle costruzioni (in peggioramento) e quelle della manifattura (in ripresa).
Da dove nasce l'incantesimo di questa ripresa che non c'è, non esiste da almeno 15 anni se non nelle allucinazioni degli aruspici da strapazzo ?
Ma è evidente: il modestissimo risultato deriva dall'azione combinata
1. del deprezzamento dell'euro sul dollaro, che sta spingendo la crescita del nostro export;
2. dal forte ribasso delle quotazioni internazionali del petrolio. Alla riduzione dei prezzi energetici (-8,5% la variazione tendenziale in febbraio) hanno contribuito sia il calo dei listini per la componente non regolamentata, sia la diminuzione d'inizio anno delle tariffe dell’elettricità e del gas, che incorporano in parte e con ritardo gli andamenti dei prezzi internazionali. Questi cali si sono riflessi sulla riduzione dei costi di produzione e, conseguentemente, sull'intero sistema dei prezzi, contribuendo a contenere l'inflazione (pardon deflazione oggi gennaio 2015 a -0,6%).
3. Il terzo fattore che droga l'effetto crescita è il "Quantitative Easing" della BCE, uno strumento di politica monetaria che nelle intenzioni teoriche del suo propugnatore agisce sulla catena di trasmissione dei tassi d'interesse praticati dalle banche alla clientela e sui tassi del debito pubblico, liberando così "nuove" risorse per nuovi investimenti, ma che sconta nella realtà le pesanti politiche di austerità fiscale nella fase di recessione in corso.
Date un'occhiata a questo grafico qui a lato che riassume la crescita del PIL reale (al netto d'inflazione) fra i 7 paesi maggiormente industrializzati.. La colonna grigia raffigura il periodo di recessione che ha coinvolto tutti i Paesi. L'Italia (rappresentato dalla linea verde
) è il Paese che soffre maggiormente, segnando, dal terzo quadrimestre del 2011 un grave ed inesorabile declino.
Va da sè che in presenza di uno shock esterno che frenasse la congiuntura economica favorevole degli altri paesi a cui oggi l'Italia àncora il trend delle sue esportazioni, l'Italia, per effetto dell sua fragilità, sarà il paese che maggiormente risentirà il contraccolpo della recessione.
Ci si trova dunque nel paradosso di un sistema che con la pretesa di ripartire, agisce sul pedale dell'acceleratore, ma, al contempo, interviene sul freno a mano, e cosa, ancor più grave, confonde il sussulto del veicolo come ripresa del movimento dallo stato inerziale.
E' il motore della macchina che va cambiato e quel motore si chiama Euro.
No signori, non ci siamo per niente, si scambiano lucciole per lanterne e cominicio ad averne le tasche piene di menzogne e illusioni raccontate per evitare la rivolta sociale.
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